Mukhalinga main exhibition

La mano e l'idea | I mukhalinga | Contenere l'impossibile

   
Subhashini Aryan e Baij Nath Aryan*
I mukhalinga

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Il lingam, simbolo aniconico bivalente per forma e significato, è il segno della presenza dell'invisibile realtà trascendentale di Shiva, dio induista della distruzione; ma in realtà integra le tre funzioni della creazione, della difesa e della distruzione. è il motivo per cui uno dei suoi appellativi è Mahadeva: il Grande Dio.

Il termine lingam indica un emblema, un simbolo aniconico di Shiva, il segno del sesso maschile: il fallo. In origine aveva la forma di un pilastro dalla sommità arrotondata ed era fatto di pietra, di legno o di metallo. Poi, nel periodo Kushan (dal I al III secolo d.C.) nel Nord dell'India si iniziò ad aggiungere ai lingam visi umani, da cui la denominazione mukhalinga. I visi possono essere uno, tre, quattro o cinque, versioni note come ekamukhalinga, trimukhalinga, chaturmukhalinga e panchamukhalinga. Quando vengono raffigurati tre o quattro visi ciascuno di essi è rivolto a uno dei punti cardinali. In quest'ultimo caso i visi sono necessariamente quattro. Quando il mukhalinga ha cinque visi solo quattro sono collocati come si è detto, mentre il quinto sta in cima agli altri, poiché questa manifestazione di Shiva è ritenuta superiore alla sapienza degli yogi di più alta evoluzione spirituale. Questo tipo di mukhalinga è presente a partire dal I secolo d.C. - finora neppure un singolo esemplare di età precristiana è stato ritrovato negli scavi - e la sua popolarità aumentò nel periodo Gupta (dagli inizi del IV secolo al 700 d.C.) e in quello successivo, nel corso dei periodi medievali e postmedievali, fino al presente. Questi mukhalinga erano realizzati in metallo fuso o in pietra intagliata in tutta l'India settentrionale.

Una varietà stupefacente di mukhalinga proviene dalla parte meridionale del Maharashtra e da quella settentrionale del Karna nell'India meridionale, come testimoniano innumerevoli esemplari databili dalla fine del XVIII secolo a oggi, usati per coprire linga di pietra. Sono sempre in fusione metallica, per lo più d'ottone e raramente di rame o di bronzo. Se ne conoscono pochi realizza con tecniche a sbalzo, relativamente le più recenti. Ma lo stile della figurazione è estremamente differente da quello dell'India settentrionale. La combinazione di forme iconiche e aniconiche - il pilastro con il volto di Shiva scolpito ad altorilievo in aggetto - nella forma fondamentale viene conservata, ma viene subordinat alla raffigurazione delle sembianze del dio, che nella fusione è mo più sporgente dal collo in su. Le dimensioni della testa generalme sono molto più grandi di quelle naturali. Un paio di baffi attorcigli (cui a volte si aggiunge anche una barba) e il terzo occhio di Shiv inciso verticalmente al centro della fronte sono i tratti più salienti.

Le caratteristiche fisiognomiche sono tipicamente influenzate da quelle delle popolazioni locali. Il capo di Shiva di solito è coronato, ma la sua acconciatura jatabhara non ha la forma di quella dei mukhalinga dell'India settentrionale. Al contrario le ciocche sono accuratamente pettinate all'indietro e trattenute da fasce. La testa è collocata sul busto, che funge da piedestallo. Per realizzare queste teste di Shiva gli artigiani locali del metallo usavano la tecnica della cera perduta. Sono generalmente cilindriche, ma venivano anche realizzate teste di Shiva a placca. L'espressione del volto di Shiva è caratterizzata da serenità, da calma maestà. A volte si trovano anche mukhalinga dalle sembianze feroci, raffiguranti Bhairava, la versione bellicosa di Shiva.

Sono caratterizzate da grandi occhi sbarrati dall'espressione feroce e penetrante, naso aquilino e baffi. Molto spesso il mukhalinga sorge sul corpo a spirale del Serpente, Vasuki, la cui testa a cappuccio fa da baldacchino al capo del dio.

I mukhalinga sono la forma visibile del mantra Namah Shivaya, con il quale i devoti invocano la benedizione di Shiva. Le cinque sillabe di questo mantra rappresentano simbolicamente i cinque elementi (panchabhuta) del microcosmo e del macrocosmo (etere, aria, fuoco, acqua e terra); le cinque percezioni dell'odore, del suono, della tattilità, della forma e del gusto; e le cinque facoltà percettive dell'udire, del sentire, del vedere, del toccare e dell'annusare. Presuppongono inoltre la pratica e la felice riuscita dello yoga. Sono simbolo della realtà trascendentale di Shiva, cioè della sua manifestazione cosmogonica attraverso il lingam, base dell'intera struttura del cosmo. Questa iconografia afferma inoltre la supremazia di Shiva su Brahma e Vishnu, come viene illustrata nelle immagini del tipo lingodbhava, presenti in tutta l'India, soprattutto nel Sud. E, per concludere, va ricordato che i mukhalinga iniziarono a essere apprezzati e raccolti da K.C. Aryan, e furono messi in luce nel 1973 dalla sua opera fondamentale Folk Bronzes of North-Western India**, prima della quale erano praticamente sconosciuti.

* Presidente e direttore della K.C. Aryan's Home of Folk Art, museo dell'arte popolare, tribale e dimenticata, Gurgaon.
** K.C. Aryan, Folk Bronzes of North-Western India, Delhi, Rekha Prakashan, s.d. (1973).